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“Una nuova umanità al lavoro”. Il messaggio del Vescovo per il 1°Maggio

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FANO – In occasione della Festa di San Giuseppe Lavoratore (1 maggio), il Vescovo della diocesi di Fano, Fossombrone, Cagli, Pergola, Armando Trasarti, ha inviato una riflessione sul tema del lavoro dal titolo “Una nuova umanità al lavoro”.

“Dal 2009 la crisi economica ha dominato i nostri pensieri, ci ha messo in cuore paure, ha turbato sicurezze che sembravano acquisite – afferma il Vescovo Armando Trasarti – Non tocca a me fare analisi precise delle cause e dei possibili rimedi; per questo è necessaria la collaborazione di competenze diverse, di tante esperienze.
Credo però che qualcosa si possa dire ugualmente. Una crisi è sempre il segno di una comprensione incompleta delle cose e di una prassi non sufficientemente attenta alla realtà; una crisi chiede sempre risposte creative, che non solo pongano qualche rimedio agli effetti negativi che si sono sperimentati, ma rimuovano le cause e permettano alla società di funzionare meglio, individuare i corti circuiti della nostra prassi per trovare i passaggi utili ad aggiustare e migliorare le cose. Caritas in Veritate di Papa Benedetto XVI ha richiamato la dimensione integrale di ogni vero progresso e ha cercato di reintrodurre nel ciclo dell’analisi economica il tema della carità e del dono: il primato della persona nella costruzione della società e nella economia stessa. Il mondo economico non sta in piedi senza un patrimonio abbondante di fiducia tra le persone e i gruppi sociali; ogni meccanismo di scambio si inceppa se debbo per principio diffidare di ogni persona e difendermi da ogni possibile inganno”.

“Lavorare sull’uomo, per renderlo sempre più attento e responsabile, capace di analizzare correttamente la realtà e desideroso di migliorarla col suo contributo – continua il Vescovo Trasarti – è il primo e fondamentale compito se si vuole uscire dalla crisi. Dobbiamo rendere più matura la nostra libertà, più viva la nostra responsabilità.
Non basta uscire dalla crisi economica in qualche modo; bisognerà uscirne capaci di non ripetere gli errori che abbiamo fatto in passato. In particolare la centralità della persona e del lavoro della persona, deve emergere in tutta chiarezza”.

“Gli esperti – conclude Il Vescovo – ci dicono che la crisi sta passando, che la produzione sta riprendendo, ma che difficilmente si raggiungerà quel livello di occupazione che era presente prima della crisi stessa. Insomma, avremo un numero alto di disoccupati con poche speranze di trovare lavoro. Vorrei che non ci abituassimo a una prospettiva del genere, ma che facessimo il possibile per individuare un modello di sviluppo che preveda e renda possibile la piena occupazione.
Il motivo è che l’uomo ha bisogno di lavoro non solo a livello economico, ma anche per costruire l’immagine di sé, per avere autostima, soddisfazione, per essere e sentirsi protagonista della vita sociale. All’uomo non basta avere la quantità necessaria di denaro per sopravvivere; ha bisogno di mantenersi con il suo lavoro, di mantenere la sua famiglia, di sperare in un futuro migliore.
Si legge nella vita dell’imperatore Vespasiano che un ingegnere gli aveva proposto uno strumento per sollevare con facilità le colonne fino al Campidoglio dove venivano utilizzate. Vespasiano gratificò l’inventore con un premio, ma non usò lo strumento proposto per non togliere il lavoro a una grande quantità di persone. Era saggezza di governo e non solo per motivi di buon cuore. Forse immaginava i turbamenti che la disoccupazione porta a livello psicologico e anche a livello sociale…Non sto scegliendo Vespasiano come modello di scelte economiche e tanto meno sto rifiutando le invenzioni tecniche.
Voglio solo dire che nel modello di società che vogliamo costruire, la garanzia di lavoro deve essere contemplata, proprio per non mettere a repentaglio il bene della società stessa. Anche qui l’attenzione etica al bene si mostra per quello che è, un contributo al benessere sociale”.

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