Parte il volontariato: i profughi puliscono Muraglia – VIDEO

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PESARO – Voci dal viaggio della speranza. Lanseny, 24 anni, dal Mali: «Dopo il colpo di Stato dei tuareg e degli islamisti è partita la guerra. I miei genitori? Tutti e due morti nel 2012. Mio fratello era un militare: anche lui ucciso». Indica una cicatrice sulla nuca: «Violenza familiare». Aggiunge: «Mi piace il lavoro, voglio aiutare gli italiani. Oggi è una bella giornata». Mohamed, 18 anni, dal Gambia: «Sono scappato otto mesi fa per gravi problemi di famiglia: mio padre è morto, con il patrigno c’erano pericoli. La politica? Lì comanda Jammeh, un dittatore: non esiste democrazia, zero diritti umani, persecuzioni». Saddam, 19 anni, dal Bangladesh: «Mi adatto a fare tutto. Prima ero a Borgo Pace, adesso sono a Candelara. Nel mio Paese non si riusciva a vivere».

Esperanto. Parole in inglese, francese e italiano. Le storie si mischiano ai sorrisi e agli occhi lucidi di chi le racconta. Per loro e per altri, niente mattinata in piazza del Popolo con auricolare e wi-fi. Scatta il progetto ‘Esperanto’ e c’è la riunione nella sala della circoscrizione di Muraglia. «Un piccolo briefing sulle norme di sicurezza, scarpe a giacca a norma, volontariato dalle nove alle tredici», spiega Andrea Boccanera, presidente dell’associazione Gulliver. Le indicazioni di giornata sono «pulizia insieme ai volontari di quartiere al parco Scarpellini, in via Barsanti, nell’area della scuola Gulliver, in via Flaminia». Oggi sono in dieci. Ma l’obiettivo è aumentare progressivamente il numero, dopo la formazione necessaria. Perché secondo Matteo Ricci, che ha dato la linea, «nei territori è uno dei pochi modi per gestire un fenomeno del genere».

L’approccio. Sindaco che conversa con i profughi, guidati dai volontari, prima di ribadire: «Teniamo insieme accoglienza e regole; solidarietà e capacità di governare le questioni. Evitando gli estremismi, che alimentano solo le tensioni sociali». Quindi: «No all’estremismo della Lega, che cerca solo la propaganda per lucrare elettoralmente, facendo leva sulla paura. E no all’estremismo buonista di chi pensa che questo fenomeno non crei alcun disagio. I disagi purtroppo ci sono: noi portiamo avanti un approccio pragmatico, l’unico praticabile per chi cerca di risolvere i problemi». Insomma: «La vicenda è molto più grande di noi: serve l’intervento dell’Onu, così come l’Europa deve fare di più. Ma nel frattempo c’è l’emergenza da gestire. E’ sbagliato lasciare questi ragazzi tutto il giorno senza fare niente. Il lavoro di volontariato facilita l’integrazione ed è importante anche per la comunità pesarese, che vede in qualche modo contraccambiata l’accoglienza». Non solo: «Abbiamo detto no agli alberghi: danno l’idea del privilegio. E gli albergatori devono fare gli albergatori, magari mettendo a posto le loro strutture, senza cambiare attività». Infine: «La stragrande maggioranza dei migranti – conclude il sindaco – scappa dalla guerra e dalla fame. Trovare momenti informali, come un pranzo o una cena nelle famiglie disponibili, può accrescere la consapevolezza del dramma umanitario».

Profughi tre

Profughi due

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