Pesaro, ancora atti di violenza in carcere. SAPPE: “A pagarne le spese è sempre la Polizia Penitenziaria”

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“Un detenuto di nazionalità magrebina J.M., appellante per violazione legge droga con fine pena provvisorio al 13.9.2021, in data 15/10/2014 ha messo in atto vari atti di autolesionismo e turbativi per l’ordine e la sicurezza del carcere di Pesaro, procurandosi vari tagli, anche profondi, all’avambraccio sinistro e al collo; successivamente, dopo aver messo in atto tali gesta si è recato nella saletta della Sezione detentiva, ove vi erano altri detenuti che giocavano a biliardino e, per motivi ancora sconosciuti, colpiva con un violento pugno al volto un detenuto italiano G.B., definitivo con fine pena 1/12/2017 per violazione legge droga”.
Lo denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, riferendo quel che è accaduto qualche giorno nel carcere di Pesaro.
“La situazione è poi ulteriormente degenerata”, aggiunge. “Portati infatti i due detenuti in infermeria per le cure del caso, al rientro, prima lo J.M. e poi il compagno di stanza, Y.R., definitivo per violenza o monaccia a P.U., violazione di domicilio ed altro con fine pena al 9/9/2015, si scaraventavano contro il detenuto G.B. e, a ripetizione, tentavano di colpirlo con pugni al volto. Solo grazie all’intervento del Personale di Polizia Penitenziaria e di alcuni detenuti posto in essere da alcuni detenuti si è riusciti, con non poca difficoltà, a placare la grave situazione createsi, anche in considerazione del fatto che ci si trovava nell’orario della socialità cd “a celle aperte” con una ressa di detenuti ivi presenti. Nella colluttazione e nel tentativo di sedarla, un Assistente Capo della Polizia Penitenziaria riportava un trauma da stiramento neuro muscolare all’articolazione scapolo omerale sinistro. 10 giorni di prognosi per lui, a cui va la nostra solidarietà e vicinanza”.
Il Segretario Provinciale SAPPE di Pesaro, Claudio Tommasino, punta il dito contro il sistema della “cd vigilanza dinamica e/o aperture delle celle aperte” che è in atto nel carcere di Pesaro: “nello specifico, si vuole tenere tutto il giorno i detenuti aperti a bivaccare per il reparto e farli rientrare nelle loro stanze solo per dormire, lasciando ad alcune telecamere il controllo della situazione e, quindi, abbandonando le sezioni detentive “all’autogestione dei detenuti”, senza contare che a rispondere penalmente per qualsiasi cosa accada nelle sezioni detentive – ex articolo 387 del codice penale – è solo il personale di Polizia Penitenziaria il quale, anche se esiliato davanti a un monitor è direttamente responsabile di tale violazione. Tale sistema si dovrebbe applicare solo ed esclusivamente in presenza di idonee misure trattamentali che nell’arco delle ore di apertura delle stanze detentive impegnerebbero i detenuti nelle varie attività, evitando, così il costituire di “quei rapporti di gerarchia tra detenuti per cui i più potenti e forti potrebbero spadroneggiare sui più deboli”.
“Infine”, conclude Tommasino, “nel carcere di Pesaro non si dovrebbe nemmeno applicare in toto la sorveglianza dinamica, essendo una Casa Circondariale, poiché in primis mancano le linee-guida da parte dei superiori uffici, circa l’individuazione in Regione di Reparti o Sezione a “regime chiuso” per la gestione di quei detenuti ritenuti violenti e non meritevoli di usufruire di tale beneficio e per l’assenza di attività trattamentali e lavorative nelle ore pomeridiane e serali”.
Roma, 20 ottobre 2014

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