Lavoro, l’Italia è un paese per programmatori?

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Dopo l’uragano della pandemia da Covid 19, che ha gettato all’aria certezze e portato imprevedibilità anche nel mondo del mercato, la riscossa è partita a suon di digitale, di informatica, di industria 2.0. Ma a che punto è, in Italia, questa trasformazione? A che punto siamo con la transizione tecnologica? Proviamo a capirlo facendo un focus su una professione in particolare: quella dei programmatori.

Il punto di partenza di questa analisi non può che essere un dato di fatto: negli ultimi due anni le aziende hanno intrapreso con forza la via della digitalizzazione e della innovazione, cercando quindi sempre nuove figure tecniche in ambito di sviluppo. Stando ai numeri riportati dal sito Ninjamarketing, infatti, il 41% dei programmatori freelance ha affermato di aver registrato un incremento positivo del lavoro, mentre il 61% crede che il lavoro dello sviluppatore sarà sempre più richiesto. Dati e statistiche che arrivano dalla seconda edizione di “The State of Development in Italy”, report che porta la firma della startup BitBoss.

“Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita del gap tra domanda e offerta di sviluppatori – ha spiegato il curatore della ricerca e co-found della società, Riccardo Barbotti – È vero che il numero di developer è cresciuto fortemente, anche grazie all’ampliamento dell’offerta formativa in questo ambito, ma ancora di più è cresciuta la domanda delle aziende, sempre più alla ricerca di figure che possano accelerare il loro processo di innovazione”.

E tra i settori che chiamano con maggiore insistenza a raccolta nuove professionalità come quella dei programmatori, c’è senza dubbio quello delle slot machine online presenti nel mercato ADM.

Quello che si nota, insomma, studiando il panorama italiano è una situazione di grande fermento e di grande prosperità per gli sviluppatori: 9 intervistati su 10 si sono detti soddisfatti del proprio lavoro, mentre il 59% si dice aperto a nuove opportunità. Un dato che deve essere letto sotto la lente della costante ricerca di condizioni lavorative migliori e stimolanti, che guardino soprattutto alla flessibilità e al trattamento economico. Perché l’Italia, in fin dei conti, è un paese per programmatori. Ma per porsi sullo stesso livello degli altri competitors europei occorre fare ancora qualche piccolo sforzo.

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