In vita e in morte di Don Gabriele. Il ricordo di Nestore Morosini

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di Nestore Morosini – Una sera di qualche anno fa, Luigi Marfori mi disse: “Vieni a cena da me, rivedrai don Gabriele. Sarà una serata speciale, perché don Gabriele non va mai a casa di alcuno. Se viene è perché vuole rivederti, dopo tanti anni”. Andai, ovviamente. E fu un colpo di fulmine. Nonostante gli 85 ormai passati da un pezzo, era sempre il don Gabriele che avevo conosciuto, personalmente non molto, visto che nel ’64 ero emigrato a Milano, ma soprattutto per via delle tante testimonianze che mi arrivavano sulla sua persona. Da quella cena, ho rivisto spesso don Gabriele. Nei mesi di luglio e agosto sono ormai sempre a Fano e i suoi venerdì di cena erano insostituibili: i grossi pomodori del suo orto, la porchetta, il prosciutto e il vino rosso del quale nessuno ha mai conosciuto l’esatta cantina di provenienza se non della zona, quella di qualche contadino di Monte Giove.

Gli invitati erano sempre gli stessi: io con mia moglie Ivana, Gigi e Giuliana Marfori, Claudio e Luciana Petrelli. dopocena, mentre le mogli rigovernavano il desco, don Gabriele annunciava: “ades gin a dì le preghier”. Il che significava la briscola tressette in cui lui era maestro, non perdeva quasi mai. Ma con il Don, come l’ho sempre chiamato, ho rivissuto la mia infanzia e la mia gioventù a Fano, ho rivisto in fotografia gente di cui non avevo più ricordo, ho parlato di lui con persone che conoscevo e che abitavano vicino alla sua chiesa, a Hollywood come era soprannominato il quartiere della Gran Madre di Dio, la parrocchia che ha diretto per 56 anni. Ho parlato di lui della vita e della morte, delle situazioni della vita in cui mi ero trovato, alle 9 delle domeniche d’estate lo seguivo quando diceva messa nella chiesa delle monache di Sant’Andrea in Villis.

Don Gabriele amava la montagna, era uno scalatore provetto, ma dopo gli 85 aveva dovuto darsi, d’estate, alle “ferrate” e d’inverno alla neve. Cosicché mi aggregai, con mia moglie e la mia nipotina Eva che lui ha ritratto in mirabili foto, nel gruppetto che nella seconda settimana di febbraio,lo seguiva a San Vito di Cadore. Sciava tutto il giorno e alla sera alle 19 diceva messa nel corridoio dell’albergo. Poi cena, racconti della giornata, sfottò sportivi sulle rispettive squadre. Momenti indimenticabili. LUi aveva sete non solo di anime ma anche d’avventura. Un mese fa era tornato da un viaggio in Iran, dove aveva scoperto cose inimmaginabili. E, come faceva abitualmente quando andava in un posto nuovo, aveva scattato centinaia di foto.

Dopo il primo attacco della malattia, prima di Natale l’ho rivisto a Fano. Sembrava lo stesso di sempre, forse un po’ più stanco. Poi le notizie sempre più severe sulla sua salute. Fino a stanotte, alle 1 e 27, quando mi è arrivata la notizia da Gigi Marfori che il Don era salito in Paradiso.

Il Padreterno che è buono e sa tutto, deve aver riservato a Don Gabriele Belacchi, suo servo Sacerdote e Uomo straordinario, un bel posto in Paradiso, magari vicino ad altri Sacerdoti fanesi straordinari come don Paolo, don Guido, don Cesarino. E siccome il Padreterno conosce, e premia, i pregi ma anche i piccoli difetti degli uomini, deve aver avuto già pronto per Don Gabriele un bel mazzo di carte dentro una scatola di ebano sulla quale c’è scritto, in caratteri di luce fanese, “per dì le preghier”.

Nelle foto don Gabriele a Shiraz e ad Isfahan in Iran con il professor Peris Persi

(Riproduzione Vietata)© 

 

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