Coldiretti Marche, cinghiali in azione: danni su grano e orzo

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MARCHE – Branchi che arrivano anche a 50 cinghiali all’assalto dei campi di grano e di orzo. Un danno doppio soprattutto per gli allevatori che coltivano cereali per sfamare i propri animali che si ritrovano senza raccolto e costretti anche a comperare altrove i mangimi. La scorsa settimana le incursioni si sono concentrate soprattutto nei territori di Sarnano e San Ginesio, proprio ai confini con il Parco dei Sibillini. Gli animali entrano ed escono dal parco indisturbati nonostante le squadre di selezionatori abbiano ripreso l’attività di contenimento della fauna selvatica. E alla lista dei danneggiamenti si aggiungono, spesso, anche le recinzioni. Capita che branchi particolarmente affamati sfidino anche le reti elettrificate, distruggendole e lasciando alle aziende agricole altre spese da sostenere. Una situazione emergenziale che si protrae da anni. Coldiretti Marche ha stimato, su dati del Report faunistico venatorio regionale, danni per 2,5 milioni di euro tra 2013 e 2017. Circa 2 milioni sono stati causati proprio dai cinghiali. Secondo il Report Sarnano e San Ginesio sono i due comuni più colpiti tra quelli compresi nell’Atc 2. Ovviamente il problema riguarda tutti i comuni dell’entroterra maceratese. “La stessa legge regionale che determina il controllo del cinghiale prevede un massimo di due o cinque capi ogni 100 ettari a seconda delle zone – dicono i coltivatori – e invece qui la situazione si è capovolta. Noi non vogliamo gli indennizzi, vogliamo poter lavorare”. “Siamo costretti a constatare – commenta Francesco Fucili, presidente di Coldiretti Macerata – che a livello regionale e forse anche a livello nazionale che il problema selvatici è sfuggito di mano. Soprattutto per l’equilibrio che non è più possibile instaurare. Dall’area montana fino al  mare ci arrivano segnalazione della presenza di ungulati le cui incursioni poi si manifestano per lo più vicino alle aree protette. Le attività di contenimento di cacciatori, selettori e degli stessi agricoltori che hanno partecipato ai corsi per la caccia di selezione o che hanno posizionato recinti per la cattura e tutti gli altri strumenti che sono stati messi in campo non riescono a incidere perché siamo arrivati a un livello non più sopportabile. Le aziende agricole non riescono più a coltivare ne a decidere cosa coltivare”.

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