PESARO – A seguito del documento sottoscritto da un gruppo di docenti, diffuso in replica al suo intervento sul video collegamento con Francesca Albanese presso il liceo scientifico Marconi di Pesaro, il deputato di Fratelli d’Italia, Antonio Baldelli, interviene con una lettera aperta indirizzata agli stessi firmatari.
“Gentili Professoresse e Professori,
ho letto con attenzione la vostra replica che mi ha fatto riflettere e pensare a una domanda che, sorprendentemente, non vi siete posti.
Se davvero l’incontro con Francesca Albanese è stato – come sostenete voi – un esempio limpido di confronto e di “cura dell’umanità”, perché alcuni studenti hanno sentito il bisogno di rivolgersi a un parlamentare della Repubblica e non a voi docenti, per esprimere il loro disagio e il loro disappunto?
È dalla telefonata che questi ragazzi mi hanno fatto che nasce la vicenda. Non da un attacco politico né da alcun pregiudizio ideologico, che non mi appartiene ma che di sicuro infarcisce la replica che avete affidato alla stampa.
Una replica priva di spirito riflessivo ma soprattutto dove non è stato rivolto alcun pensiero a quei ragazzi che non si sono sentiti ascoltati, rappresentati.
Dite che Francesca Albanese non è espressione di alcun partito, ma è una carica dell’ONU.
Bene.
Allora la domanda che vi rivolgo è fin troppo semplice, è quella che vi rivolgerebbe qualsiasi persona di buon senso e priva di pregiudizi:
perché per parlare di diritti violati dei bambini palestinesi — sacrosanti! — si è scelto proprio chi si è più volte avvicinata a giustificare o minimizzare il terrorismo, anziché favorire un vero pluralismo di voci?
Perché vi siete rivolti proprio a quella donna che ha abbandonato una trasmissione televisiva quando è stato citato il nome della senatrice Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, deportata a soli 13 anni ad Auschwitz-Birkenau.
Perché non affiancare, nel vostro contesto scolastico, associazioni palestinesi lontane da Hamas, insieme a figure come quella di Liliana Segre che, peraltro, ha scritto un bellissimo libro dal titolo “Ho scelto la vita”. In questa fatica letteraria la senatrice passa il testimone ai giovani, esortandoli a non ripetere gli errori del passato, a scegliere la vita, come lei ha fatto scegliendo di non raccogliere una pistola e di non cedere alla vendetta. In questo modo — per me e per tanti — la senatrice è diventata simbolo di libertà e di memoria. Non certo inneggiando al terrorismo e alla lotta armata.
Quanta differenza tra il pensiero della Segre e quello della Albanese!
Perché non rivolgersi a altre voci autorevoli del mondo ebraico e del giornalismo internazionale? Perché non a Fiamma Nirenstein o a David Parenzo?
Questo sarebbe stato confronto. Questo sarebbe stato l’esempio di una scuola che educa alla complessità, al pluralismo. Non a monologhi unidirezionali.
Sostenete che chiedere contraddittorio significhi “negare la realtà”. È un’affermazione grave, gravissima. Il contraddittorio non serve a negare i fatti ma a interpretarli senza trasformarli in dogma. Serve a raggiungere la consapevolezza senza imporre un solo pensiero.
Ad ogni modo, la durezza delle vostre parole — più che rafforzare la vostra tesi — ne rivela la fragilità. Chi è davvero sicuro della propria impostazione non teme il confronto, non lo deride, non alza i toni, non lo liquida semplicisticamente come “cinismo”.
Dopo aver letto le vostre parole, mi è tornata in mente una frase di Norberto Bobbio: «La democrazia non è il mondo delle certezze ma il metodo del confronto».
Un confronto che non solo è mancato ma che voi ritenete addirittura superfluo. Ma vi sbagliate grandemente: la scuola non deve arruolare. Deve formare. Non deve chiedere cieche adesioni. Deve coltivare coscienze critiche.
Torno quindi a chiedervi: perché quegli studenti non si sono sentiti rappresentati da voi, al punto da cercare ascolto altrove? Perchè sapevano che non li avreste ascoltati? Perchè avevano paura di ripercussioni? Perchè?
Lo so. Sono domande scomode. Alla quali avete scelto di non rispondere. Ma sono le uniche domande che vi sareste dovuti porre.
Con rispetto istituzionale, ma con fermezza e franchezza, segno distintivo di chi ha avuto la fortuna di incontrare professori capaci di formare menti libere che non temono il confronto”.
Antonio Baldelli, Deputato della Repubblica













