MARCHE – «Ho dato alla Lega la mia disponibilità a candidarmi al Consiglio Regionale delle Marche». Con queste parole Enrico Rossi ha annunciato questa mattina (4 luglio), accanto a Luca Serfilippi, Sindaco di Fano, all’Onorevole Mirco Carloni e alla presenza di tanti amministratori locali, la sua corsa alle prossime elezioni. Una scelta definita “tutt’altro che semplice”, ma dettata dal senso di responsabilità verso un territorio che – dice – «pur chiedendo tanto, ha saputo restituire anche di più».
«Prima delle parole, le azioni» è lo slogan che ha scelto per la sua campagna e che definisce un approccio concentrato sul contenuto ancora prima che sulla narrazione. Con 17 anni da amministratore locale – già tre volte sindaco di Cartoceto, consigliere provinciale, segretario della Lega e membro del Consiglio nazionale ANCI – Rossi rivendica un profilo credibile e affidabile: «Nessuna promessa da applausi, ma lavoro quotidiano, convinto che non basta solo esserci».
Il luogo scelto per ufficializzare la sua candidatura è Fano, dove ha iniziato il suo percorso politico, poi consolidato a Cartoceto, simbolo del legame con le aree interne e di una visione di sviluppo tra costa ed entroterra. «Fano e le sue vallate chiedono di contare, non di essere appiattite». A riguardo Enrico Rossi cita tre casi emblematici: l’opposizione del PD alla Link University – investimento senza fondi pubblici, occasione per formare nuovi medici e possibilità di rilancio per il centro storico – la chiusura dell’ospedale S. Croce, evitata solo grazie allo stop del progetto dell’ospedale unico voluto dalla sinistra, e il bypass dell’alta velocità, che Ricci disegnava sulla sua scrivania, bloccato a favore di un progetto strategico e omogeneo peer tutte le Marche.
«Alle Marche non servono le televendite e gli slogan da stadio di Ricci», attacca. «Il 50% dei cittadini oggi non vota: vuol dire che non si fida. È anche a loro che mi rivolgo, con la responsabilità di dire la verità, cercando di ricostruire l’autorevolezza delle istituzioni».
Prosegue Rossi: «Tornare a Ricci significherebbe tornare alle logiche asservite ai soli interessi del PD». E incalza: «Davvero vogliamo dimenticare il caso Banca Marche? I comuni fuggiti in Emilia-Romagna? I venti milioni di debito lasciati alla Provincia? La retorica sulla decrescita felice? Il BIL quale principale indicatore di salute di un territorio».
Rossi rivendica pianificazione e modelli di sviluppo economicamente sostenibili come alternativa alla propaganda. «Oggi le Marche vedono segnali di ripresa su PIL, occupazione e turismo. Ma prima di redistribuirla, la ricchezza va prodotta. Borghi rivitalizzati con attività e servizi; infrastrutture interconnesse (alta velocità, interporto, porto, poli logistici e aeroporto) che sostengano lo sviluppo delle imprese». E ancora «Un’agricoltura che incrementi la redditività, favorisca il ricambio generazionale e le applicazioni tecnologiche. Diciamo no all’agrivoltaico da ambientalismo ideologico, che trasforma le colline in distese industriali. Quelle stesse colline sono la nostra identità turistica».
Accusa il centrosinistra di essere «più che alleanza del cambiamento, un’ammucchiata delle contraddizioni». E porta il caso della discarica di Riceci: «Ricci, al corrente di tutto, finge di non sapere di quello scempio ambientale. E oggi, chi allora lo attaccava come AVS e M5S, è al suo fianco in coalizione».
E conclude con una stoccata che è anche una visione: «A Matteo Ricci, che un tempo per la sua campagna da sindaco scelse lo slogan #UnBelPò, oggi gliene suggerisco un altro: #AncheUnPòMeno. Perché, più che inseguire effetti speciali, chi intende ricoprire un ruolo istituzionale dovrebbe pesare le parole ed essere credibile».