Lisippo, i legali del Museo Getty: serve un accordo per il rientro della statua

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(ANSA) – ROMA, 15 MAR – Comunque vada all’udienza del 7
maggio in Cassazione – che deve decidere se convalidare o meno
la confisca della statua di ‘Lisippo’, da 40 anni in possesso
del museo Getty di Malibù, California – è molto probabile che
non sarà per effetto di una decisione della magistratura
italiana che il bellissimo bronzo, uno dei reperti archeologici
più preziosi del mondo, costato un occhio della testa anche a un
miliardario della portata di Paul Getty, tornerà in Italia.
“Solo un accordo tra il nostro Paese e il ‘Getty trust’ –
spiegano infatti i legali del museo californiano, Alfredo Gaito
e Maurizio Giannone – potrà portare, forse, al rientro della
statua dell’Atleta vittorioso in tempi relativamente veloci”.
“Altrimenti – proseguono gli avvocati romani che insieme al
collega milanese Emanuele Rimini formano il ‘team’ difensivo del
museo californiano – potrebbe essere molto difficile convincere
i giudici americani, se saranno chiamati a delibare la confisca
nel caso di passaggio in giudicato di questa misura, che il
‘Getty’ deve restituire un bene per la sua illecita provenienza
nonostante nessuno sia mai stato condannato per la vendita della
statua”. Anzi, la posizione di tutte le persone finite sotto
inchiesta per il commercio di quello che comunemente viene
chiamato ‘Getty Bronze’- ‘pescato’ in acque internazionali al
largo di Fano nel 1964 – è stata archiviata, sia in Italia che
in Germania, e i pescatori sono stati “addirittura assolti”.
Per non parlare del fatto che “mai, nel corso di questi
lunghi decenni dato che la statua è stata acquistata il 27
luglio 1977 per la cifra astronomica di 3,9 milioni di dollari,
il ‘Getty museum’ o il Getty Trust – rilevano Gaito e Giannone –
sono stati oggetto di indagine da parte delle autorità italiane,
che mai hanno adombrato responsabilità penali in capo al
legittimo proprietario di questo capolavoro di altissimo valore
archeologico”. Secondo gli avvocati, se l’Italia voleva il
ritorno della statua – l’unica ancora ‘in vita’ di quelle che
adornavano lo stadio di Olimpia – “avrebbe fatto meglio ad
appellarsi alle norme del diritto privato internazionale aprendo
una controversia civilistica, come ha sempre suggerito
l’Avvocatura dello Stato, e non insistere, come invece ha fatto
la magistratura di Pesaro, per un provvedimento penale di
confisca”. Gaito e Giannone non hanno dubbi: per la ‘forma
mentis’ degli americani, e poco importa se sarà una Corte
federale o un giudice di Malibù ad occuparsi del ‘Lisippo’, “è
inconcepibile applicare una sanzione punitiva, come la confisca,
in assenza di un colpevole e lo è ancora più in presenza di un
museo della portata del ‘Getty’ che alla luce del sole, e dando
notevole risalto internazionale all’affare, ha acquistato questa
statua dopo numerosi accertamenti legali e la sta esponendo da
trenta anni senza fare pagare il biglietto al pubblico e
tenendola in perfetto stato di conservazione con ingenti spese”.
“Per non parlare del fatto che tutta Villa Getty – fanno
presente i due avvocati – è stata realizzata per ospitare
l’Atleta, e il museo se spodestato dal suo ‘Lisippo’ potrebbe
anche chiedere all’Italia il risarcimento dei costi di
costruzione visto che è stato progettato ‘ad hoc'”.
Comunque, guardando all’udienza di maggio, non è escluso che
anche la Cassazione non continui il rimpallo di competenza –
andato in scena lo scorso 25 febbraio – a decidere il destino
della statua passato dalle mani della Prima sezione penale a
quelle della Terza sezione. Inoltre, gli ‘ermellini’ potrebbero
anche decidere di attendere che una decisione in tema di
confisca, che avrebbe riflessi sul futuro del ‘Lisippo’, sia
decisa dalla Grande Chambre della Corte Ue dei Diritti Umani che
sembrerebbe incline a non avallare gli atti di confisca in
mancanza di un colpevole o in presenza di prescrizione del
reato. Ci sono dei tribunali, come quello di Tivoli, che hanno
già rinviato le cause in calendario in attesa del verdetto
comunitario. Per ora tutto sembra remare affinché l”Atleta’
rimanga ancora a lungo nella sua dimora californiana. (ANSA).

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