Carni rosse e rapporto OMS, Confesercenti: “Nessun allarmismo”

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PESARO – Carni rosse e insaccate, evitiamo inutili e pericolosi allarmismi: questo l’appello della Fiesa Confesercenti dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito alcuni tipi di carne tra le sostanze che possono provocare il cancro.

“In primo luogo le produzioni nostrane si caratterizzano per la bassissima presenza di grassi e additivi, indicati tra i principali agenti cancerogeni –commenta Roberto Borgiani direttore provinciale Confesercenti e responsabile provinciale Fiesa- e per una lunga e consolidata storia gastronomica per la quale il nostro Paese è tra i principali produttori di salumi a denominazione protetta e controllata, riconosciuti e tutelati dall’Unione europea, i cui disciplinari di produzione sono sotto la sorveglianza del Ministero delle Politiche agricole, oltre che ai severi controlli della medicina veterinaria pubblica. Tanto maggiore è il livello di sicurezza per le piccole produzioni italiane tipiche, quelle che troviamo dal macellaio di fiducia per intenderci, che rappresentano carni di alta qualità e ad elevati contenuti nutrizionali e per le quali l’azione di trasformazione del prodotto è particolarmente attenta, vigilata e controllata”.

“La necessità di non alimentare allarmismi è arrivata anche dall’OMS che ha precisato come il consumo di carne rossa vada limitato, ma non eliminato –continua Borgiani- concetto ripreso anche dagli oncologi italiani e dalla comunità scientifica che hanno ribadito come sia l’abuso a far male. In tal senso, nel caso italiano, i consumi pro capite sono abbondantemente sotto la soglia indicata come pericolosa, attestandosi intorno ai 25 grammi giornalieri”.

Borgiani sottolinea come è proprio l’allarmismo che potrebbe fare i danni maggiori, mettendo in difficoltà intere filiere produttive e migliaia di posti di lavoro: “La presa di posizione dell’OMS, per altro non nuova, si basa su una varietà complessa di dati raccolti a livello universale e influenzati da stili di vita e modelli di alimentazione profondamente diversi. Lo studio andrebbe contestualizzato per sapere quali produzioni sono state prese in esame e quali aree sono state interessate. E’ per questo che a livello nazionale Fiesa ha chiesto chiarimenti al Ministero della Salute e all’Autorità europea della sicurezza alimentare a tutela dei consumatori e degli operatori del settore. Allo stesso tempo, occorre proseguire con l’etichettatura obbligatoria di tutte le carni lavorate, includendo su tutti i prodotti l’origine dei paesi anche dei prodotti semilavorati e i luoghi degli stabilimenti di produzione: questi sono elementi che possono fare la differenza, com’è giusto che sia per i cittadini e i consumatori”.

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