Burqa, SU risponde a Campanella: “Da quando gli extracomunitari possono votare?”

3
1884

FANO – “Sappiamo benissimo che cercare un dialogo quando l’odio e l’intolleranza prevalgono sulla logica e la ragione è praticamente inutile, ma ridurre il pensiero sull’immigrazione, a un problema di burqa o non burqa è veramente riduttivo e superficiale.
Ci teniamo a puntualizzare un paio di concetti, prima le cose facili, dato che dal comunicato della Sig.ra Campanella emerge chiaramente la volontà di quella parte politica di cercare la polemica e lo scontro a ogni costo.

Definire il governo attuale di sinistra, governo che è formato dal Nuovo Centro Destra e che ha distrutto lo Statuto dei Lavoratori, è veramente il colmo. Vogliamo ricordare che gli italiani sono un popolo di emigranti. Quasi tutti noi abbiamo un parente emigrato per lavorare nelle Americhe o nelle miniere del centro Europa. Ascoltare le loro storie, il modo in cui sono stati accolti e molto spesso discriminati deve essere d’esempio per capire la situazione attuale e non commettere gli stessi errori. Gli italiani, e quindi anche la sig.ra Campanella, che generalizzare non è mai corretto, ancora oggi in molti paesi siamo sinonimi di mafiosi e corrotti.

Forse la Sig.ra Campanella è più informata di noi sulla legge elettorale e sul diritto di voto, quindi vorremmo chiederle una semplice informazione: da quando gli extracomunitari possono votare?”.

Rita Carnaroli – Coordinatrice Sinistra Unita
Filippo Carloni – Responsabile organizzazione Sinistra Unita

3 COMMENTS

  1. Si parla di burqa, che non permette l’identificazione di un soggetto in quanto non visibile. Sappiamo benissimo che a tutti non è possibile girare con un casco in testa, se non per il caso per il quale è stato costruito, sappiamo pure che per il codice della strada è vietato, per esempio, oscurare i vetri lato guidatore e passeggero oltre al parabrezza, perché non permette l’individuazione del soggetto. Adesso, perché a chi ha il burqa, deve essere permesso di muoversi liberamente? Se è per la loro religione, allora dovrebbero dimostrarla a casa loro. Se in molti Paesi ed in Europa, siamo sempre all’erta per gli attentati, è anche colpa loro. Possiamo ancora vivere con il rischio attentati e morti dietro l’angolo? Le regole vanno rispettate e questo vale anche per loro.

  2. Vengono in Italia e ci obbligano a togliere il crocifisso dalle scuole, non si possono fare lezioni di religione cattolica perché si offendono, vogliono togliere i nostri simboli religiosi perché si possono turbare. Ma dobbiamo integrarci noi o loro? Diamo loro spazi per le moschee, le costruiamo pure a spese nostre e vengono qui a fare i loro comodi, aiutati dalle stupide leggi che abbiamo, solo per sembrare civili e giusti? Non facciamo altro che parlare e difendere i diritti, ma vogliamo parlare almeno una volta dei doveri di tutti? Non dovrebbe spettare niente a nessuno, se prima non facciamo il nostro dovere. Smettetela di scambiarvi sempre le colpe, fate proprio pena! Fate le cose seriamente e non per scaldare la poltrona ed avere sempre privilegi e tutto a danno di noi cittadini. Vergogna!

  3. L’intervento della Campanella lo condivido solo in parte perchè la questione del velo integrale deve essere affrontata da più punti di vista ,altrimenti da adito a scontri puramente ideologici-politici che rimangono contrapposti e univoci. La si deve affrontare da più punti di vista: da quello delle tradizioni quindi da una visuale antropologico-sociale sia dal punto di vista del principio di libertà e imposizione che da quello giuridico legato al problema della sicurezza della società civile. D’ altro canto la tematica presenta una notevole complessità perchè è legata alle diverse interpretazioni della Shari’a che forniscono gli uomini e da queste diverse interpretazioni deriva l’aspetto diversificato dello stesso mondo islamico. Infatti dove è in atto in modo più consistente il processo di laicizzazione sono in vigore per le donne maggiori libertà. E’ il caso della Tunisia, della Turchia, del Marocco dove addirittura, vedi Tunisia la legge ne vieta l’uso a cominciare dal semplice velo, divieto non sempre osservato.Cosa diversa è la situazione dei Paesi fondamentalisti come lo Yemen, L’Arabia saudita , Afganistan dove il velo è obbligatorio nelle più diversificate forme: hijab,chador,niqab . In Afganistan il velo integrale è imposto. Non concordo neanche con il semplicismo con cui l’ass. Bargnesi affronta la tematica poichè accosta burqa e sottomissione con la dipendenza delle donne occidentali ai loro uomini ,pur indossando abiti griffati. Forse sfugge all’ass.Bargnesi che l’obbligo di indossare il burqa delle donne afghane va di pari passo alle drammatiche condizioni di vita femminile di quelle culture in cui vige una netta separazione dei sessi e gravissime discriminazioni culturali,sociale e giuridiche mortificanti delle donne?Anche quando le donne decidono di indossarlo la scelta è spesso frutto della volontà di non subire soprusi, mortificazioni e punizioni corporali e psicologiche da parte dei padri padroni e dei loro fratelli , preoccupati dell’occidentalizzazione delle “proprie” donne, proprie nel senso etimologico di loro proprietà. Non condivido per altro neanche la critica alla discussione sul burqa , per altro non nuova, come motivo di offesa e come motivo di mancato rispetto agli stranieri che vivono ben integrati a Fano, adducendo a dimostrazione di tali tesi l’esistenza di moschee davanti a chiese. Siamo proprio sicuri che la presenza di moschee siano sinonimo della loro integrazione? o piuttosto desiderio di volersi imporre? o che non siano luoghi solamente religiosi che possano celare problemi di altro genere di attività? E’ sbagliato pensare che l’esprimere dubbi,opinioni,perplessità sia un modo per offendere lo straniero poichè si pone l’accostamento libertà di pensiero e offesa personale, cioè la libertà universale con un a dimensione soggettiva. La questione della libertà e dell’ imposizione è legata anche alla leicità della libertà di indossarlo nei luoghi occidentali poichè , se frutto di coercizione si delegittima il nostro sistema democratico basato sulla libertà e uguaglianza e, anche se libera scelta, viene ad urtare con il nostro stile culturale. In questo caso il velo e ancor più il burqa diventa il simbolo dei problemi sul confronto/ scontro tra culture così diverse. Problema legato a stretto filo con quello della integrazione. L’ integrazione presuppone un dialogo e si dialoga quando c’è reciproca volontà di dialogare e di confrontarsi. Bisogna essere in due e questo non avviene poichè integrazione passa dall’accoglienza ma anche dalla capacità di adattarsi allo stile di vita dell’occidente…c’è un dare e un prendere dall’altro. Spesso gli islamici tradizionalisti vogliono imporre divieti alle nostre tradizioni e culti e questo non è integrazione ma imposizione.Se andiamo nei loro luoghi forse non stiamo attenti ad essere rispettosi delle loro leggi e dei loro credi, non abbigliandoci in maniera succinta , scoperta e inappropriata? Perchè non deve avvenire ciò da parte loro?Se affrontiamo la tematica dal punto di vista della sicurezza ci accorgiamo della troppa tolleranza che il nostro Paese riserva in campo legislativo ma anche della distanza temporale di queste leggi dalle problematiche in atto nei nostri giorni legate al terorismo del isis.In Svezia, in Spagna e in Francia si hanno legislazioni più severe e meno tolleranti poichè si fa prevalere la sicurezza e l’uguaglianza di trattamenti. In Francia ad esempio il consiglio di Stato ,il 2 novembre del 1992, chiarisce cheil burqa non è compatibile con il principio di laicità e lo vieta. Idem in Spagna ma in tempi più recenti (Zappatero) In Svezia è subordinato il divieto di indossarlo alla norma di riconoscimento palese e immediato in caso di identificazione. In Italia è in vigore una normativa degli anni 70(legge 152/75). Veramente altri tempi e altri climi cuturali e di sicurezza. Tale norma, addirittura, è un assorbimento di un decreto regio mai abbrogato che in realtà ne proibiva l’uso per esigenze ragionevolmente motivate(riconscimento e identificazione) Se continuiamo ad accettare il non divieto continuiamo a perpetuare discriminazioni con il resto della popolazione a cui non è lecito coprirsi per questioni di sicurezza e sarebbe un venir meno ai principi di libertà e di uguaglianza su cui si basano le nostre democrazie. Veramente dobbiamo piegarci e essere dimentichi delle conquiste della Rivoluzione francese, delle suffragette,delle femministe? Forse è il caso di aiutare queste donne a liberarsi da ogni forma di schiavitù, burqa compreso e a non assorbire gli aspetti più negativi che annullano la percezione del corpo nullificando la loro anima.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here